Perché le professioniste hanno più paura di vendere? E che c’entra il femminismo?

che cosa è un brand

Yogi | consulente di comunicazione | nomade digitale

Sviluppo idee creative per aiutare brand e destinazioni a trovare clienti grazie a contenuti web mentre gestisco male la mia dipendenza da viaggi e caffeina.

Sento il bisogno di estraniarmi dalla comunicazione che subisco online. 

Non mi rispecchio nelle regole che divampano sui social media.

Mi sento bloccata nel presentare i miei servizi e proporre dei prodotti in vendita. 

Si, parlo di bloccata perché questo accade, almeno nella mia esperienza diretta, più alle professioniste che ai professionisti.

Ecco, il podcast di oggi e questo blog post arrivano per toccare di nuovo questi argomenti, che abbiamo già affrontato in passato, per un motivo ben preciso: cercare di portare un po’ di oggettività e, scusate la franchezza di linguaggio, smettere di farsi paranoie. 

Mi spiego meglio. 

Viviamo in un’epoca di sovrastimolazione.

Messaggi spesso antitetici ci arrivano da ogni angolo e nella comunicazione digitale imperviano effettivamente senza controllo alcuno rendendoci spesso incapaci di trovare un posto proprio: quello adatto alle nostre esigenze e ai nostri tempi. 

Questa è certamente una esperienza che condivido lavorando interamente online da 4 anni ormai e da sempre in libera professione. 

C’è chi parla di marketing sostenibile ed elogio alla lentezza incontrollata da un lato e poi ci sono i markettari accaniti, Instagram e business coach che invitano continuamente al costante bisogno di esporsi e di vendere. 

Orientarsi è un casino. Lo capisco e lo condivido.

La mia soluzione a questo dilemma è stata conoscere in profondità gli strumenti e fare una analisi dei costi e benefici di ogni mia azione basata sulla vecchia legge di Pareto del 20/80. 

Individuare qual è il 20% delle azioni che mi portano all’80% dei risultati e isolare tutto il rumore di fondo.

Detto questo, 

quello che però non condivido più è la costante lamentela che vedo divagare, in newsletter, post sui social e confronti offline, tra colleghe che si sentono gelare all’idea di presentare un preventivo o di avanzare una loro proposta per la vendita di un servizio. 

Non tollero più l’idea che la vendita venga percepita con una connotazione negativa e che questo succeda sempre nel fronte femminile presentandoci ancora, come “le poverine che hanno bisogno di essere prese per mano” e accompagnate verso il raggiungimento di obiettivi minimi quali, farsi pagare per il proprio valore. 

Scusate colleghe ma questo per me azzera ogni avanzata femminista che possiate rivendicare condividendo informazioni, indignazione e risorse che sono per voi di ispirazione divulgate da donne che idolatrate come role models. 

Ora, se mi ascolti costantemente o mi segui sui social saprai bene che il mio approccio alle cose è generalmente gentile e accogliente, ma anche che sulle questioni che ritengo rilevanti sento il bisogno di andare dritta al punto e sono pronta a fornire punti di vista schietti. 

Questo articolo, quindi, non vuole essere un modo per farti sentire ancora più a disagio, al contrario, vuole essere un piccolo aiuto per darti gli strumenti che ritengo davvero importanti e che mi hanno aiutata nel corso degli anni, molto prima di iniziare il lavoro autonomo, a liberarmi dalla paura di rivendicare il mio valore. 

Tutto per me è iniziato servendo ai ristoranti a 15 anni.

Tanto,  tanto, tanto tempo fa 😉

Ecco i principi su cui concentrarti se hai paura di vendere i tuoi prodotti: 

  • Se qualcuno ha un problema e il tuo prodotto può risolverlo stai migliorando la vita del tuo interlocutore vendendolo

  • Se un’azienda cerca dipendenti è perché il loro apporto è fondamentale all’operatività dell’intera impresa, non importa quanto l’azione del singolo possa sembrare sostituibile. Se quel dipendente sei tu, o se sei la freelance a cui viene delegato il servizio, hai tutto il diritto di farti pagare per il contributo che apporti e di lavorare nei modi e nei tempi concordati. Se sei la prima a non imporre nessun confine, non sei una vittima, sei l’artefice dei tuoi stessi mali. Pensaci. 

  • Quello che offri è frutto della tua preparazione e della tua professionalità oppure è solo un modo come un altro per chiudere un contratto, farti pagare le fatture e non restituire niente in cambio? Dubito che sia la seconda ipotesi. Quindi, se ti impegni e lavori bene, non hai motivo di aver paura di farti pagare. 

  • Fai un elenco dei problemi che risolve il tuo prodotto. Se non ne trovi nessuno, allora c’è un problema e hai buone ragioni per aver paura di venderlo, significa che è un prodotto inutile. Al contrario però, più spesso, il prodotto è davvero rilevante, hai solo bisogno di una buona consulenza di comunicazione o di un corso di copywriting che ti aiuti a trovare le ragioni per cui le persone dovrebbero acquistare da te. 

  • Guardati allo specchio e riconosciti nella tua interezza. Davvero. Fai un bene a te stessa e al prossimo. 

  • Impara a dire poche parole ma incisive al tuo interlocutore quando devi far valere un concetto. La paura dura solo il secondo antecedente al momento in cui usciranno dalla tua bocca. Al contrario, se eviti di parlare e poi arrivi a casa e sfoghi la tua frustrazione su chi ti sta intorno, non farai un bene né a te stessa né alle persone con cui condividi la tua vita privata. 

Questa settimana sul profilo di Lingua Digitale Academy parliamo di vendita, di comunicazione di vendita e di eticità legata alla vendita perché ovviamente, il copywriting è anche uno strumento di comunicazione orientato alla vendita.

Ti aspetto sul profilo dell’Academy, nei commenti di questo blog post, oppure nel podcast per confrontarci su questo argomento.

Spero che questo contenuto ti dia grinta e ti aiuti a ottenere i risultati che desideri, sentendoti a tuo agio e onorando il tuo valore.

Silvi

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SILVIA

Yogi, consulente di comunicazione, nomade digitale.

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