Mai più dire ormai: la mia storia

che cosa è un brand

Yogi | consulente di comunicazione | nomade digitale

Sviluppo idee creative per aiutare brand e destinazioni a trovare clienti grazie a contenuti web mentre gestisco male la mia dipendenza da viaggi e caffeina.

Si può davvero cambiare vita quando siamo persone normali che devono fare i conti con i soldi che non bastano a fine mese, con situazioni familiari complesse e con montagne di incertezza che suggeriscono una cosa sola:

sarebbe anche bello, ma non ce la farai mai? 

Questo articolo è tratto un episodio del mio podcast. Se preferisci ascoltarlo lo trovi qui

Oggi ti racconto la mia storia, ma lo farò partendo da molto tempo prima rispetto a quando ho aperto il mio laptop di allora per creare il mio primo blog. 

Ti parlerò di quando vivevo in un forte buio relazionale ed emotivo, di quando ero davvero lontanissima dalla persona che sono oggi. 

Perché è lì che tutto è cominciato. 

Dal fondo. 

La tua mente ha un potere straordinario

Non so dove ti trovi in questo momento della tua vita, ma da quando ho intrapreso questo viaggio imprenditoriale, se c’è una cosa che ho compreso chiaramente è che la testa fa tutta la differenza sulla riuscita del percorso. 

Il modo in cui approcciamo alle cose, le nostre idee: il mindest. 

Si possono studiare mille teorie ma se manca quell’attitudine a spingersi, a crederci a buttarsi e a perseverare,  il risultato sarà sempre e solo uno. 

L’inazione e quindi il fallimento. 

Ecco perché oggi voglio parlarti di quando mi trovavo proprio lì. 

Perché si, ho fisicamente iniziato a lavorare online quando ho aperto il mio primo blog professionale, nel 2020 ma è quattro anni prima di allora che in me è scattato quel cambiamento di mentalità che mi ha fatta svegliare dal torpore e riprendere in mano la mia vita. 

Non parlo di questo online perché vengo da un paesino dove ci si conosce tutti e ho sempre preferito lasciare alla sfera privata l’andamento della mia vita personale. 

Ma aver preso coscienza di quella situazione ed esserne uscita è stato il tassello che ha reso tutto il resto possibile e credo che tu abbia bisogno di sentirlo per capire quanto il cambiamento è davvero sempre una possibilità. 

Non tutto il male vien per nuocere

Dai miei 19 anni fino ai 27 ho avuto una relazione estremamente tossica. Chiaramente non me ne rendevo conto quando c’ero dentro, ma mi stava distruggendo la vita. 

Sui manuali di psicologia, quello che ho vissuto viene chiamato gaslighting e consiste, tra le altre cose, nel fatto che il partner cominci lentamente e subdolamente ad allontanarti da tutto quello che riguarda la tua esistenza come individuo al di fuori della coppia.

Oltre a questo, lui (o lei), diventa la tua unica verità e certezza e mentre non te ne accorgi neanche, inizi a dubitare di tutto quello che ti circonda, anche della tua stessa persona e delle tue stesse convinzioni. 

Diventi vuoto e paralizzato della paura. 

Questa ero io durante la prima metà dei miei 20 anni. 

A Vienna nel 2012

Avevo lasciato il lavoro che mi accompagnava fino all’adolescenza, avevo perso la maggior parte dei contatti con i miei amici, quelli che non fossero stati amici comuni, vivevo divisa tra la mia settimana a Firenze con i miei coinquilini ( grazie al cielo) e il fine settimana e ogni altro momento libero risucchiata in quella relazione dove quando non preparavo un esame cucinavo o facevo cose di casa. 

Avevo smesso di fare sport, avevo smesso di avere una vita. 

Quando uscivo avevo paura di interagire con la gente.

Io sono crescita lavorando in un bar, quindi sempre immersa nella socialità, ma in quel momento l’ansia mi dirovava. 

Mi sentivo sempre inadeguata. 

Lui era anche un geloso ossessivo, del tipo che” era una questione” ogni volta in cui incontravo un amico che magari mi dava un abbraccio per strada. 

Io sono anche una persona estremamente solare e socievole. Cioè io vi abbraccerei tutti. 

Ma allora no, allora avevo paura ad incontrare i miei compagni maschi di corso a mensa all’università. 

Dal buio profondo alla luce: come un viaggio mi ha salvato la vita

Ti faccio dei riassunti perché ovviamente ci sono stati tanti altri avvenimenti in quegli anni, quello che mi preme sottolineare è dirti dove mi trovavo allora, 

perché se mi vedi adesso probabilmente la tua immagine è quella di Silvia, nomade digitale, libera professionista che gira per il mondo e gestisce la sua vita. Che viaggia spesso da sola, che ha attraversato Spagna e Portogallo con un camper di 7 metri da sola,

Che fa yoga tutti i giorni, mangia sano ha una splendida relazione dove ognuno vive anche liberamente la sua vita etc. 

Ma allora no: allora ero un fantasma. 

Emotivamente e fisicamente.

Pesavo 49 kg, fumavo quasi un pacchetto di sigarette al giorno, non facevo nessuno sport. 

L’unica cosa che avevo mantenuto e che era solo mia, era lo studio: il mio corso di laurea finito col massimo dei voti e nei tempi.

Brighton, Uk, pixabay

Long story short: qualcosa dopo la laurea e un master fatto a Firenze, inizia a smuoversi.

Una vocina interiore nel sottofondo che diceva: Silvia ma che cazzo fai?

Cosa volevi fare da bambina?

Imparare le lingue e viaggiare, conoscere il mondo. 

Era sempre stato il mio chiodo fisso ma in quel periodo ero proprio ferma nel loop mentale che tutte quelle erano fantasie irrealizzabili. 

Il mio ex era il tipo che distruggeva tutto quello che si scostava un po’ dalla norma. Ogni stile di vita diverso, ogni forma di successo personale. 

Poi col tempo avrei capito che la sua era paura della diversità ma in quel momento mi aveva convinta al punto tale da farmi scordare che quella vita diversa era ciò che io, volevo da sempre. 

Mia mamma mi racconta che quando avevo 6 anni parlavo già di queste cose. Imparare le lingue e viaggiare Ma a 25? A 25 il buio. Mi vedevo finita. 

Ormai hai fatto il corso di studi con meno sbocchi professionali

Ormai l’Inglese non lo hai imparato (la mia relazione oggi è in Inglese)

Orami, ormai, ormai. 

Un tirocinio a Brighton e ritrovarsi in Perù

Per fortuna, proprio l’Inglese fu la valvola che fece scattare il cambiamento: con una marea di compromessi sui tempi e sulle modalità lo convinsi dell’importanza che aveva per me fare un tirocinio in Inghilterra sia per aumentare le mie possibilità di trovare lavoro, che ovviamente per imparare la lingua. 

Partii per Brighton e da lì in poi, è ricominciata la mia vita. 

Al ritorno qualcosa si era svegliato in me e da lì a pochi mesi chiusi quella relazione. 

Il punto è: se non avessi trovato il coraggio in quel momento di ascoltarmi, di vedere il bisogno di quel cambiamento io ora sarei a Volterra (nel mio paese natale), ancora con gli attacchi di panico, magari fumando adesso 2 pacchetti al giorno (invece ho smesso da anni) e a fare qualche lavoro di ripiego. 

Non di certo a registrare un episodio del mio podcast a Zahara de los Atunes in Andalusia per ispirare altre persone ad attuare quel cambiamento che desiderano e che meritano nella loro vita. 

Capisci perché te lo racconto? 

Perché se hai paura, se ti sembra di avere tutte le condizioni di vita contro rispetto alla realizzazione del tuo progetto di vita, io ti capisco. 

Dopo quella rottura sono partita per un volontariato in Perù

Silvia-Mangini-Perù
A Trujillo, Perù, con gli altri volontari

Non sapevo lo Spagnolo, non avevo mai fatto un viaggio internazionale da sola, non sapevo niente di niente. Trovai l’organizzazione online, feci il colloquio da remoto con dei ragazzi che sarebbero diventati alcune delle persone che amo di più al mondo, e partii. 

Puoi leggere qui di come iniziò quel viaggio:

Lima la fea: il mio arrivo in Perù

Capisci la portata che ha avuto sulla mia vita, già in quel momento, il cambio di mindest?

Da aver paura ad interagire con le persone a partire da sola per un volontariato internazionale. 

Raccontarti quei momenti è emozionante, è un po’ come riverli. 

Mi sentivo come se la vita fosse appena cominciata. 

Era cambiata la mia mente e da allora in poi tutto diventava possibile. 

London calling: rivoluzione irreversibile

Terminato il volontariato, rientro in Italia, torno a lavoro in un ristorante per alzare due lire, mando application in tutto il mondo per trovare la prossima opportunità di lavoro.

 Arriva Londra. 

Trovo un tirocinio non pagato che sarebbe iniziato dopo circa 3 settimane. 

A Londra non conoscevo nessuno e dovevo trovare lavoro per potermi permettere quell’esperienza di tirocinio.

Arrivo in città di venerdì, il tirocinio inizia di lunedì, devo trovare lavoro e una stanza.

É un trauma. 

Inizio la ricerca alloggiando in un ostello e dopo due giorni trovo una prima sistemazione. La fermo per cinque settimane e basta perché è troppo costosa per me. 

Ora manca il lavoro.

Faccio una una prova in un fast food e anche lì è una porta in faccia. 

Mi dicono che non ho la giusta attitudine, che sono poco active and  excited per lavorare in un ambiente così dinamico. Cioè già al tempo io avevo lavorato per 12 anni in ristorazione ma questo è il livello di competizione a Londra: devi stringere i denti anche per avvolgere pollo e guacamole.

Ricordo che era un giorno di sole splendido ma mi sentivo una nullità.

Ero sola, in una città con oltre 10 milioni di abitanti, senza soldi e stavo per iniziare quella che ancora non sapevo essere la prima esperienza di lavoro sfidante della mia vita (quella di tirocinio nella ONG per la quale ero partita dall’Italia).

A Londra con il mio carissimo amico Ninni

Mi diedi cinque settimane di tempo per vedere come andava, il tempo del mio primo affitto già pagato (non volevo sprecare quei soldi). 

Dopo il no del fast food rientro nella mia stanza e preparo altri 30 curriculum.

Li metto in una USB, vado a stamparli, prendo la metro, scendo a Oxford Circus e inizio a fare il giro a piedi di tutti i ristoranti del centro che vedo.

Mi chiamano quasi tutti, faccio le varie prove e valuto le varie offerte. Alla fine riesco a trovare lavoro come commessa in un negozio di scarpe a Piccadilly. Una soluzione molto più easy visto che per me quello rimaneva il secondo lavoro. 

Poi succede una cosa inaspettata: torno a casa un giorno, abitavo a Stepney Green, incontro per strada vicino casa un ragazzo di una agenzia immobiliare che mi aveva accompagnata a vedere una stanza, che poi non avevo affittato, e in quel momento succede una di quelle circostanze fortuite che capitano solo quando veramente sei agli estremi e ti spingi nel mondo al di fuori della tua zona di comfort. 

É Miky, poi diventeremo amici e mi farà conoscere il locale londinese che amo di più, ma in quel momento mi offre un lavoro:  “Noi cerchiamo sempre ragazzi per lavorare la notte, a Shodertich, devi fare promozione ai club e la paga è buona, 10£ cash in hand”

Ok, let’s do this.

Ci incontriamo alle 10 di sera a Oxton, un quartiere accanto a Shoreditch e non ti nego che avevo anche un po’ di dubbi, della serie: ma chi è sto tipo? Ma dove sei? Cosa andrai a fare? 

Insomma, vado e inizio ad occuparmi di “offline marketing”: cioè il mio lavoro consisteva nello stare per strada e dare alla gente volantini con buoni sconto per entrare nei club. 

A fine nottata 40£ in mano e così è stato. 

Spingersi oltre i propri limiti ci insegna di che pasta siamo fatti

In quel periodo quindi io facevo tre lavori: quello in ufficio di giorno da lunedì a giovedì, quello di commessa il venerdì, il sabato e la domenica e quello per strada la notte il venerdì sera e il sabato notte. 

Centellinavo i soldi: facevo la spesa con il guadagno del lavoro cash in mano, pagavo l’affitto della mia stanza con il lavoro da commessa e mi pagavo la metro col rimborso spese del tirocinio. 

Insomma ero al verde.

Nel frattempo avevo cambiato casa, erano passate le prime 5 settimane, e avevo anche incontrato quello che sarebbe diventato uno dei miei più carissimi amici, il mio conquilino di allora, Ninni.

Ho continuato così per 7 mesi.

Senza giorni liberi per 7 mesi. 

E tutto questo perché i soldi erano la priorità in quel momento. Non potevo fare altrimenti se non abbandonare l’idea di provare a lavorare in cooperazione. 

Quando parlo di cambiamento realistico quindi e di bisogno di concretezza, nel senso di soldi che supportano le nostre scelte, lo dico con cognizione di causa. 

Non mi sono venute semplici le cose

Infatti, parlando proprio di questo argomento e proprio a Londra ho abbandonato il percorso in cooperazione, perché conclusa quell’esperienza di tirocinio e assunzione a termine, riuscivo solo a trovare altri tirocini e non ce la facevo più a fare due lavori per darmi l’opportunità di lavorare

Sono finita nella reception di una Spa in un hotel e se da un lato respiravo perché avevo un’entrata stabile, dall’altro mi chiedevo che stessi facendo lì. 

Orami il risveglio mentale era avvenuto e accontenrarsi non era più una possibilità. 

Passavo le mie giornate sotto terra, tra la metropolitana alla lussuosa hall dell’hotel dalla quale però non si vedeva mai la luce del sole. 

Solo luce artificiale. 

I miei colleghi e i miei amici erano affascinati da Londra, da questa idea di fare la scalata sociale lavorando in azienda, dall’idea di fare carriera. 

Io, un mese dopo la promozione al ruolo di assistant manager mi licenzio. 

Voglio tornare a viaggiare.

In India, dove ho aperto il mio primo blog

Voglio tornare a fare una esperienza di lavoro sul campo come cooperante. 

Al tempo io non sapevo niente di nomadismo digitale, ti sembrerà strano ma è così.

Lascio Londra nel 2019: spendo in Italia alcuni mesi e parto per l’India dove a Jaipur, apro il mio primo blog “Learn Travel and Love” 

Ecco uno degli articoli che ho scritto in quel momento, proprio dall’India

Come vedere Varanasi: la mia città preferita in India

Ancora non so come lavorare con i contenuti, non so come si guadagna con un blog, non conosco il digital marketing se non in modo incredibilmente superficiale perché a Londra, anche durante il mio tirocinio, ci occupavamo di marketing offline. 

Apro il blog col solo pensiero di raccontare quella esperienza. 

Ma il sogno di poter avere una vita diversa e piena diventa sempre più la realtà che non voglio compromettere. 

Il viaggio è stato interrotto da un evento poco prima della pandemia e i passi che mi hanno portata ad aprire il mio blog / sito attuale, e avviare l’attività con la p.IVA sono arrivati proprio tra il 2020 e il 2021.

Me è negli avvenimenti che ti ho raccontato oggi che è avvenuto il mio risveglio, il cambio di prospettiva e di mentalità che ha reso possibile la realtà che sto vivendo oggi:

IMPRENDITRICE DIGITALE, IN VIAGGIO A TEMPO PIENO, MA SOPRATTUTTO,

FELICE E LIBERA DI VIVERE LA MIA VITA

Quel cambiamento, avvenuto in particolare col prendere coscienza della negatività di quella relazione, mi ha portata a scegliere di valorizzare la mia vita prima di tutto, di non accettare più compromessi sulla mia felicità, né dal punto di vista lavorativo né da quello relazionale. 

Mi ha portata ad agire con maggiore consapevolezza e a coltivare fiducia nelle mie capacità anche quando tutto sembra remare contro. 

Le difficoltà non sono finite ma la parola “ormai” è scomparsa dal mio vocabolario personale. 

Qui puoi leggere come ho aperto la mia attività da zero:

Spero che questa storia non ti abbia annoiato, ma che invece ti abbia offerto degli spunti su cui riflettere e che soprattutto, ti abbia dato grinta e la voglia di rivendicare qualsiasi cambiamento che desideri. 

Perché te lo meriti e perché il cambiamento è sempre una possibilità. 

ti abbraccio, Silvi

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SILVIA

Yogi, consulente di comunicazione, nomade digitale.

Sviluppo idee creative per aiutare brand e destinazioni a trovare clienti grazie a contenuti web mentre gestisco male la mia dipendenza da viaggi e caffeina.