Storia della Jamaica: paradiso tropicale e discriminazione razziale

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Yogi | consulente di comunicazione | nomade digitale

Sviluppo idee creative per aiutare brand e destinazioni a trovare clienti grazie a contenuti web mentre gestisco male la mia dipendenza da viaggi e caffeina.

In questo articolo ti parlo della storia della Jamaica e della mia esperienza nel paese di tanti anni fa, sperando che possa aiutarti a scoprire quest’isola meravigliosa cogliendone a pieno ricchezza, usanze e tradizioni.

 

Per capire la Giamaica di oggi e per affrontare al meglio l’incontro con il popolo giamaicano in vista di un viaggio sull’isola, è indispensabile studiare la storia di questo paese. 

Le caratteristiche socio-culturali odierne, frutto del retaggio storico della tratta Altantica, il funzionamento dello stato, la forma di governo giamaicana e l’inesistente sistema di welfare, sono tutti fattori che contribuiscono alla diffusione del sentimento di ostilità che la popolazione autoctona, nelle aree turistiche a volte mostra verso i visitatori bianchi.

 

In realtà il popolo giamaicano è accogliente e aperto e ti regalerà dei momenti di grande condivisione e amicizia se saprai approcciarti con rispetto e reverenza. 

 

Storia della Jamaica: il colonialismo e le radici della discriminazione razziale

 

Il popolo giamaicano è composto prevalentemente, o per meglio dire quasi esclusivamente, da discendenti di schiavi africani deportati nell’isola durante la colonizzazione inglese.

Questo fenomeno, che inizia a partire dalla seconda metà del 1600, vede il suo culmine intorno al 1800, quando la Giamaica diviene il principale esportatore internazionale di zucchero proprio grazie alla manodopera composta dagli schiavi provenienti da l’Africa.

Se lo “Slavery Abolition Act” nel 1834 sancisce l’abolizione formale della schiavitù nelle colonie britanniche e quindi in Giamaica, la segregazione razziale nell’isola continua ad esistere e le sue ripercussioni sul tessuto sociale giamaicano sono visibili ancora oggi.

Il governo Giamaicano è tuttora una monarchia parlamentare facente parte del reame del Commonwealth, cui fa capo la Regina Elisabetta II. (Sì la stessa regina del Regno Unito, lo sapevi?).

La Regina è rappresentata da un governatore generale e sebbene entrambi svolgano per lo più solo funzioni cerimoniali, hanno il potere di revoca nei confronti del Primo Ministro e del Parlamento. Il Parlamento è bicamerale e segue il modello inglese.  

L’influenza britannica nella politica interna giamaicana è forte e non si riduce solo alla carica politica della Regina Elisabetta II.

Durante il colonialismo si è instaurato un sistema di stratificazione sociale che assomiglia a quello delle caste indiano (passami il termine), e per il quale chi è bianco detiene la proprietà privata dei beni e vive in modo agiato, se non nel lusso, e chi è nero vive nelle baraccopoli, o, quando è fortunato, è impiegato come personale dipendente dei vari hotel, pensioni e strutture ricettive, tutte indistintamente di proprietà straniera o di giamaicani bianchi.

Questo è il substrato culturale dal quale nascono i sentimenti di “ostilità” dei neri verso i bianchi sull’isola. 

Immigrati bianchi che vivono in Giamaica spesso lamentano di essere vittime di discriminazione, ad esempio venenedo stoppati dalla polizia senza motivo quando sono alla guida, o camminando per strada. 

Fenomeni di questo genere accadono e sono frutto di un sistema sociale che tuttora è fortemente inegualitario.

Non è raro vedere in Giamaica lussuosi campi da golf di proprietà di immigrati o giamaicani bianchi di discendenza inglese, accanto a baracche di legno nelle quali vivono i giamaicani di colore. 

Durante la mia breve permanenza però non ho assistito a fenomeni violenti né a mancanze di rispetto da parte dei locali nei miei confronti.

 

Nella zona di Negril, la più turistica, c’era solo quella normale insistenza nel tentare di vendere qualcosa agli stranieri.

Nella costa nord est, ovvero nei pressi di Portland, l’atmosfera era meravigliosa.

Ricordo di aver mangiato per strada con i locali ed aver interagito in modo semplicemente umano con loro. Non c’era nessuna insistenza, di nessun genere, come succede sempre fuori dai percorsi più turistici dove si riesce ad apprezzare l’umanità delle persone.

Essere coinvolti in episodi di discriminazione raziale in Giamaica è possibile ma non si tratta di un fenomeno del quale preoccuparsi eccessivamente se si vive nel pieno rispetto della cultura e delle usanze locali. 

Quel che rimane più importante è mantenere un approccio aperto, farsi domande e soffermarsi sempre per ricercare le origini di attitudini e comportamenti nei quali ci imbattiamo, in viaggio e nella vita. 

 

Spero che riuscirai a visitare questo paese meraviglioso e viverne a pieno cultura e tradizioni con un po’ più di consapevolezza! Vedrai che sarà un’esperienza incredibile!

 

 

Un abbraccio,

 

Silvia

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