Se c’è un trekking che non puoi perderti programmando un viaggio in Nepal, quello è lo Annapurna Circuit!
Il trekking è un percorso circolare che letteralmente racchiude il massiccio himalayano delle Annapurna I-IV, e che sale dalla valle di Marsyangdi e scende da quella di Kali Gandaki attraversando il Passo di Thorung La nei suoi 5.416 metri di altitudine.
Il trekking è stato aperto al turismo negli anni ’70 ed il percorso originario era molto più ampio oltre ad essere assolutamente sprovvisto di strade percorribili in auto. Oggi lo sviluppo stradale ha collegato la maggior parte dei villaggi che si trovano lungo il circuito ed il tratto che ne è rimasto escluso, conservando in pieno il suo fascino selvaggio originale, è quello che va da Manang a Muktinath. Nonostante la strada colleghi buona parte dei villaggi, è ancora possibile compiere l’intero circuito a piedi, come abbiamo deciso di fare noi.
Annapurna circuit trek: quando andare
Il periodo migliore dell’anno per i trekking in Nepal è quello dell’autunno e della primavera. Le temperature in quota sono più miti e non si verificano le piogge monsoniche del periodo estivo. Noi lo abbiamo fatto a Dicembre e sebbene sia stato decisamente impegnativo siamo l’esempio vivente di quanto sia possibile addentrarsi sulle vette himalayane anche in inverno?
(Se vuoi sapere come prepararti per fare questo trekking e quanto costa leggi questi miei articoli su Pokhara e su le informazioni pratiche per organizzare il circuito Annapurna )
Annapurna circuit: le tappe
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Pokhara- Besi Shahar (autobus)
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Besi Shahar- Bhulbhule (840mt)
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Bhulbhule- Syange (1.100mt)
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Syange- Tal (1.700mt)
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Tal- Chame (2.670mt)
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Chame- Upper Pisang (3.300mt)
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Upper Pisang- Manang (3.540 mt)
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Manang- Leddar (4.200mt)
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Leddar – Muktinath (3.760mt) passando per il passo Thorung La (5.416mt)
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Muktinath-Kagbeni (2.850mt)
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Kagbeni- Pokhara (autobus)
Annapurna Circuit: la mia esperienza
Uno dei principali motivi che spinge i trekkers a scegliere il circuito Annapurna al posto del campo base Everest è la varietà dei paesaggi che si incontrano durante il cammino.
Questa è una caratteristica spettacolare del Nepal che in effetti è diviso a metà tra i picchi delle montagne innevate e le pianure con la vegetazione lussureggiante. Il cammino lungo i villaggi offre questa varietà di forme, colori e climi nella sua interezza.
E’ uno spettacolo che non puoi perderti se ami le montagne e hai il tempo necessario ad includerlo nel tuo viaggio in Nepal!
Da Besi Shahar a Chame si cammina in paesaggi immersi in un verde quasi tropicale, dove si alternano campi coltivati, piante di banano e stelle apine alte quanto alberi! (io non le avevo mai viste così). Dal villaggio di Syange che costeggia il fiume, il cammino si addentra nella gola di dell’Alto Marsyangdi e conduce nella piena campagna buddista.
Fin dai primi passi che si muovono nel circuito si deve fare i conti con i pericolanti ed altissimi ponti sospesi nepalesi. Se soffrite di vertigini vi consiglio di preparavi psicologicamente a questa realtà perché attraversali sarà l’unico modo per proseguire nel percorso! Dovrete farci i conti!
Dai 2.700 metri di Chame si inizia a respirare la vera e propria aria himalayana. Siamo propriamente in altitudine, camminare inizia ad essere più impegnativo e seguendo il percorso verso Upper Pisang (3.300mt) alla nostra sinistra si iniziano a scorgere maestose le cime di Annapurna II nei suoi 7.937 mt di immensità e Annapurna IV (più piccolina coi suoi 7525mt).
Da qui in poi l’orizzonte diventa incredibilmente spettacolare, le valli si aprono su paesaggi incontaminati. Le montagne del massiccio Annapurna si alternano a l’orizzonte abbracciando ogni scenario della giornata, i villaggi che si incontrano sono fatti di pietra secondo la tradizionale architettura tibetana, le bandiere di preghiera si liberano nell’aria e solo il suono del vento rompe l’assordante silenzio della quiete che regna sovrana.
Manang segna per gli esploratori il primo passo verso la conquista del circuito. E’ un villaggio di allevatori di yak che si erge a 3.540 metri di altitudine. Qui tutti si fermano per almeno due notti per permettere al corpo di acclimatarsi all’altitudine.
Arriviamo esausti e la nostra felicità è incommensurabile nello scoprire che c’è acqua calda nella doccia del bagno comune e una stufa al centro della cucina dove dormiamo. Siamo di fronte al Mustang, le montagne che vediamo a nord sono quelle che separano il Nepal dall’altopiano del Tibet, e respirando quest’aria non è così difficile fermarsi e ritornare a vivere la profonda intensità del momento presente.
Siamo quasi sul tetto del mondo, siamo in Nepal e a pochi kilometri di distanza dal Tibet. Abbiamo fatto una doccia calda e siamo immensamente felici.
Da Manang il cammino diventa estremamente impegnativo in termini di sforzo fisico. Anche se i kilometri di distanza non sono molti è consigliabile fermarsi più spesso possibile. La nostra tappa nel circuito avrebbe dovuto essere High Camp (a 4.925mt), per proseguire verso Thorung La (il punto più alto del trekking, 5416mt) e iniziare a scendere il lato opposto del circuito raggiungendo Muktinath.
Invece durante il percorso decidiamo di fermarci prima, a Leddar.
Sappiamo che così facendo il giorno successivo avremmo dovuto fermarci di nuovo per passare la notte a High Camp pur avendo percorso pochi kilometri di strada sbilanciando così il nostro piano, ma siamo stanchi e portare lo zaino è diventato insostenibile.
Ci fermiamo a Leddar ed il mattino seguente, con la nostra abituale sveglia delle 6 ci alziamo ed il paesaggio è completamente ricoperto di neve. Ora, so che questa può sembrare a tutti gli effetti una immagine romantica ma, in realtà, quando ti trovi a più di 4.000 mt e devi superare un passo che supera i 5.000mt la neve è un ostacolo enorme.
Siamo preoccupati ma anche rassegnati all’ipotesi di proseguire ed eventualmente rimanere bloccati ad High Camp fino al miglioramento delle condizioni atmosferiche per un periodo di tempo indefinito. Il passo di Thorung La può essere chiuso a causa delle condizioni meteorologiche durante l’inverno. E come lo si sa? Chiedendo alle persone che si incontrano nei villaggi. Non esiste assolutamente niente lassù al di fuori della scritta ricoperta dalla bandiere tibetane. Non ci sono uffici nelle circostanze (l’ultimo check point era a Manang), tra quelle vette non c’è proprio niente, forse neanche le aquile! Zaino in spalla, picchetti alla mano e ci incamminiamo. Raggiungiamo High Camp di buonora, verso le 11 del mattino, ma a raccontarlo, quella che è una delle sfide più grandi che si può richiedere al proprio corpo, pare solo una passeggiata nella natura. L’atmosfera in cui ci si muove ora è quella della montagna himalayana. Si cammina sopra i 4.000 metri ed ogni movimento costa un sacrificio enorme al proprio corpo. C’è neve e foschia all’orizzonte, la strada non è più così chiara e definita. La valle è aperta sull’immensità della natura innevata.
Si mette male
Ad High Camp chiediamo se sia il caso di procedere o se invece sia più opportuno fermarsi e trascorrere lì la notte. Ci siamo solo noi, e non abbiamo incontrato nessun altro essere umano durante tutto il cammino. Il ragazzo nepalese che vive qui sperso tra le nuvole ci dice di proseguire perché è previsto l’arrivo di una bufera di neve e se aspettiamo rischiamo di rimanere bloccati quassù anche per settimane. Per noi il rischio è puramente economico perché non abbiamo scadenze da rispettare ma ci fidiamo di lui e proseguiamo. Io gli chiedo più volte di giurarmi che il percorso è fattibile perché ho già camminato in quota e so bene quanto possa effettivamente essere pericoloso. Non c’è nessun altro con noi e il clima non è favorevole. La montagna non scherza. Non scherza neanche nei 1500/2000 mt delle Alpi italiane, figuriamoci sul tetto del mondo. Sappiamo che il nostro traguardo è raggiungere il passo di Thorung La a 5.416 metri, ma quello non è il nostro punto di arrivo. Non ci sono posti dove dormire finché non si raggiunge Muktinath. Mutkinath però si trova a 3.760 mt, quindi dal passo si deve solo scendere e lo sforzo fisico diventa nettamente minore.
Ci fidiamo di lui e continuiamo a camminare. Non nego che durante quel percorso ci siano stati momenti di effettivo smarrimento e dubbio. Abbiamo avuto paura. Camminando improvvisamente sentiamo un boato fortissimo, alziamo lo sguardo e alla nostra sinistra, in lontananza, vediamo una frana enorme. E’ lontanissima da noi ma ci spaventa lo stesso. Non ci diamo per vinti, ci chiediamo se tornare indietro ma scegliamo di proseguire.
Ad un tratto come un miraggio vedo un altro essere umano all’orizzonte. E’ veramente insolito da parte mia ma inizio a far cenno di saluto e ad avvicinarmi! Mi sento improvvisamente riempita di una gioia incommensurabile nel vedere che lassù, oltre a noi, c’è vita. Ci avviciniamo ed è una ragazza, una pazza spericolata in mountain bike che sta percorrendo il circuito in senso orario (altamente sconsigliabile perché si deve affrontare in salita il dislivello di 2000mt che collega Muktinath al passo). Mi dice “You got it, it’s there!” ed in effetti aveva ragione! Ce l’avevamo fatta! Avevamo raggiunto THORUNG LA !
Eravamo a 5.416 metri di altitudine. Erano già le 4 di pomeriggio. Stavamo camminando da 10 ore. Eravamo a Thorung La, sulla nostra vetta! E da li in poi, letteralmente, era tutta discesa!
Proseguiamo ed iniziamo la lunga discesa verso quella che sarebbe stata casa per la giornata, ovvero il villaggio di Muktinath, a 2000mt di dislivello scendendo dal passo. La discesa ovviamente regala respiro ai polmoni ed è estremamente meno impegnativa a livello fisico ma distrugge letteralmente le ginocchia. Sono già le 4 del pomeriggio quando iniziamo a scendere e sebbene abbiamo a nostro vantaggio la maggiore semplicità del percorso, sappiamo che non avremo luce ancora per molto. Ci sbrighiamo e continuiamo il percorso. E ancora, e ancora, per altre 3 ore. Nel frattempo le nostre batterie iniziano ad esaurirsi e rimaniamo con una sola luce. Tutte le strutture che si incontrano sono chiuse, perché siamo fuori stagione, imperterriti continuiamo a cercare e ci fermiamo in ogni casa chiedendo se c’è qualcuno. Niente da fare, è tutto vuoto ma noi sappiamo che il paese di Muktinath è a fondo valle, e a costo di camminare solo con la luce della luna, lo possiamo raggiungere.
Siamo salvi
Arriviamo finalmente di fronte ad una grande casa abitata quando è completamente buio. Il posto sembra decisamente lussureggiante per gli standard nepalesi e ci chiediamo se sia l’abitazione di un privato. C’è un cancello grande ma la casa è su due piani e ci sono delle grandi vetrate a quello superiore.
Vedo una donna e inizio a farle cenno smanacciando in ogni modo. Lei non mi vede, così decidiamo di entrare dal cancello e bussare direttamente alla porta di quella che non ha per niente l’aria di essere una struttura ricettiva considerando gli standard nepalesi.
Finalmente ci apre, ci dice che è una guesthouse e ci fa entrare nel posto migliore che avremmo potuto beccare dopo una giornata simile!
Sono una coppia di moldavi che gestiscono in modo egregio una pensione nelle campagne della città sacra di Muktinath. Ci danno da mangiare, ci offrono letteralmente riparo e calore in un ambiente incredibilmente accogliente, pulito e caldo. Sembra un sogno ragazzi!
Ce la siamo vista brutta e per un attimo, (anche due), l’idea di dover affrontare la notte in un capanno degli attrezzi sparso nella vallata ci ha seriamente sfiorato la mente. La colazione che ci offrono l’indomani mattina è anche meglio della cena, io non vorrei andarmene mai più, e il tutto ci costa solo $15.00 a testa in totale! Siamo sopravvissuti e abbiamo anche passato una notte in paradiso, in un letto caldo, con un bagno privato, acqua calda e persino con le borse termiche per riscaldarci nelle aree comuni. Ora si può ripartire! Siamo spezzati dalla giornata precedente. Fuori tutto il paesaggio è sommerso dalla neve. Da questo punto in poi decidiamo di prendere un autobus. Non ci sono le condizioni climatiche per proseguire fino a Jomson a piedi. Raggiungiamo Kagbeni e ci passiamo la notte.
Qui facciamo amicizia con altri due folli viaggiatori che si sono incontrati a vicenda nel circuito, uno di 60 anni olandese, l’altro sui 35 australiano.
Insieme spendiamo la nostra ultima notte sulle vette mangiando in compagnia di una famiglia nepalese in pellegrinaggio verso la montagna sacra di Muktinath. Il giorno seguente prendiamo un autobus per rientrare a Pokhara, ignari che quelle effettivamente sarebbero state le 12 ore più pericolose che avremmo dovuto affrontare in Nepal.
bellissimo racconto……parto per il Nepal in ottobre 2023 per un mese…da solo,come sempre,zaino in spalla….mi potresti dire pressappoco quanto costa il trkking che hai fatto e se e’ possibile farlo prenotandolo direttamente quando arrivo a Kaymandu…grazie!!!
Ciao Gianni! Che bello sono certa che ti innamorerai del Nepal. Sono contenta che l’articolo che ti sia piaciuto. Non so dirti i costi attuali ma qui sul blog trovi un altro articolo interamente dedicato ad Annapurna dove avevo raccolto tutti i link per utili per prenotare e fare la documentazione necessaria al trekking.
Puoi assolutamente prenotare una volta in Nepal e partire sia da Kat. che Pokhara, io sono partita da Pokhara 😉
buon viaggio!
Ciao, volevo chiederti se conviene comunque avere con se una tenda o se si trova tranquillamente ospitalità in lodge, ostelli ecc.. Grazie mille
Carlo
Ciao Carlo, io avevo solo un micro zainetto da 15 litri. Ci sono villaggi ogni 15 km circa quindi la tenda non ti serve. Buon viaggio!